Evoluzione della cognizione estetica umana

 

 

LORENZO L. BORGIA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 09 giugno 2018.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

L’arte, considerata da Aristotele un’abilità con potere catartico e nella storia della cultura come l’ambito di esperienza che fonda l’estetica, ossia la scienza filosofica della sensibilità secondo la definizione che Immanuel Kant trasse da Baumgarten, può davvero essere ridotta ai processi cerebrali elementari alla base delle preferenze per forme gradevoli, operativamente considerati il “senso estetico” degli animali?

Certo, guardando i nostri ignari amici a quattro zampe, sembra che nessuno di essi si ponga il problema di dipingere la Gioconda, scolpire la Pietà o scrivere l’immortale Toccata e Fuga in Re minore. Ma, forse, pensare alle vette raggiunte dai capolavori più celebrati dalla nostra cultura non può che sviare dall’oggetto semplice ed essenziale della bioestetica, che consiste nella comprensione delle origini di ciò che ha fondato nel cervello possibilità e propensioni prodromiche a quanto nella nostra realtà è divenuto il “campo dell’estetica”.

Chi scrive, accanto ad uno straordinario interesse per i risultati della ricerca, non nasconde di nutrire una certa diffidenza per un processo di riduzione estrema che, mai come in questo caso, rischia di perdere l’oggetto indagato. Si può, infatti, obiettare: come posso distinguere la reazione animale ad una percezione associata, direttamente o indirettamente, a un valore biologico elementare, quale la nutrizione o la riproduzione, da un affetto positivo generato dalla struttura del percetto in quanto tale? O, anche: nella ricerca da molti decenni si fa riferimento convenzionale al “sistema delle preferenze”, come si distingue quest’ordine di processi da quelli indagati quali base biologica dell’estetica?

Per il momento, credo, sia opportuno accantonare queste domande e andare a conoscere i risultati della ricerca, ripromettendosi di studiare approfonditamente principi, metodi e fondamento epistemologico di questa pratica sperimentale, anche alla luce del fatto che molti ricercatori impegnati in questo ambito non avrebbero difficoltà a mutare il nome della disciplina se si dimostrasse che il senso di ciò che si indaga sia troppo distante dal valore semantico della parola “estetica”.

Una concezione della bioestetica è proposta in un nuovo studio elaborato presso l’Università di Vienna.

(Westphal-Fitch G. & Fitch W. T., Ganglioside-Mediated Assembly of Amyloid β-Protein: Roles in Alzheimer’s Disease. Prog Brain Res 237: 3-24, 2018).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Neurology, Medical University of Vienna, Vienna (Austria); Department of Cognitive Biology, University of Vienna, Vienna (Austria).

La bioestetica, definita dagli autori dello studio qui recensito un’eccitante nuova branca dell’estetica, indaga le origini evoluzionistiche del senso estetico nella specie umana e in altre specie animali. Secondo Fitch e Westphal-Fitch, l’estetica è una facoltà multicomponenziale caratterizzata da alcuni tratti che l’uomo condivide con altre specie.

In particolare, i Fitch discutono la teoria di Richard Prum, secondo cui il segnale estetico e la sua “audience” sono uniti in un loop coevoluzionistico: ciascuno per necessità modella l’altro. Su questa base i due autori sviluppano una discussione interpretativa per fenomeni estetici tanto diversi quanto la selezione sessuale, la domesticazione e la cucina.

I Fitch argomentano, poi, il caso particolare della nostra specie che avrebbe, accanto alla facoltà multicomponenziale biologica sviluppatasi nel corso della filogenesi, una facoltà estetica culturale co-evoluta con quella radicata nelle funzioni dell’organismo. Tale particolarità dell’evoluzione estetica culturale aiuta a spiegare – secondo gli autoril’insolita variabilità dei domini estetici al variare di civiltà e culture umane. In proposito, si propone un’analisi dei fattori sociali e cognitivi che possono aver guidato questo tipo di sviluppo, specificamente speculando sul ruolo dell’artista che, nel suo adottare mentalmente la posizione del suo pubblicoil fruitore dell’opera d’artedurante la realizzazione del lavoro, realizzerebbe virtualmente un terzo anello (loop) co-evolutivo al livello individuale.

Il prestigio degli istituti viennesi di provenienza degli autori contribuirà ad attrarre l’attenzione su questo studio, che sicuramente sarà letto da tutti coloro che lavorano in questo campo; tuttavia, la nostra impressione è che l’analisi si fermi ad un livello molto elementare e, con il linguaggio della biologia evoluzionistica, proponga elementi interpretativi intuitivi, quando non ovvi o addirittura banali.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Lorenzo L. Borgia

BM&L-09 giugno 2018

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

_____________________________________________________________________________________________________________________

 

La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.